Oltre all’oro, il petrolio è materia prima sulla bocca di tutti, visto che se ne parla con una certa frequenza. Verrebbe da dire, non a caso è chiamato anche “oro nero”. Che cos’è che muove il prezzo del petrolio. Ecco uno ad uno i fattori principali. Regola basilare: ad un aumento della domanda, come per tutti i beni presenti sul mercato, si registra un incremento del prezzo del petrolio. Viceversa, a fronte di un decremento della domanda, anche il prezzo ne risente, abbassandosi. Questo è il “sentiment” del mercato che, se crede che nel medio termine i prezzi del petrolio saliranno, alla fine l’aumento diventa effettivo. Il “sentiment”, però, non è tutto, dato che il prezzo del petrolio ruota in gran parte attorno al mercato dei futures.
Cos’è il mercato dei futures?
Nello specifico, quando si fa riferimento ad un contratto futures sul petrolio ci si connette all’accordo di tipo vincolante che prevede di poter acquistare i barili dell’oro nero ad un prezzo deciso a monte per un determinato intervallo di tempo. Questo vuol dire che acquirente e venditore si trovano a che fare con un contratto a termine con obblighi di ricoprire in una data il loro ruolo nella transazione. Nel contratto futures, però, subentrano due trader: gli speculatori che intendono prevedere dove arriverà il prezzo del petrolio e gli hedgers, quali compagnie aeree che, onde evitare aumenti del prezzo, vanno ad acquistare petrolio. La percentuale degli hedgers ad oggi ammonta a circa il 3%.
La crisi economica: questo aspetto incide sui prezzi del petrolio. Il rialzo si verifica nel momento in cui la materia prima diventa sempre meno disponibile e i costi di estrazione salgono alle stelle.
La capacità di accumulo: a fronte di stock di un certo livello, il prezzo del petrolio si abbassa. Viceversa, tende a rialzarsi nel momento in cui viene esaurita la capacità di accumulo. Questi sono in definitiva i fattori costanti che influenzano il prezzo del barile.
Scenario attuale
La ripresa del petrolio dell’ultimo periodo è stata sotto certi aspetti sorprendente, tenendo conto della “debolezza” degli ultimi anni. I rialzi hanno subito un’impennata nel momento in cui il Brent ha toccato la soglia degli 80 dollari al barile. Di conseguenza, i più noti analisti hanno iniziato ad effettuare tutta una serie di previsioni che indicano un ritorno dei prezzi superiori a 100 dollari. Il che inciderà negativamente sui consumi. E la situazione in Italia è ai massimi livelli dal 2015, se si tiene conto che i prezzi alla pompa sono superiori ad 1,6 euro al litro (più del 60% è in accise e tasse).
Fattori che incidono al momento sul rialzo del petrolio
Opec: l’alleanza tra l’Arabia Saudita e la Russia è ad ora insolitamente solida per via dell’intento di rilanciare i prezzi del barile. Dal gennaio del 2017, si sono registrati dei tagli di produzione, i quali si sono rivelati superiori rispetto alle aspettative, visto che il Messico, l’Angola e, soprattutto, il Venezuela sono andati incontro ad un calo della produzione. Negli USA si è verificato un netto incremento delle estrazioni di shail oil, ma l’eccesso di petrolio sul mercato è sparito. La situazione attuale è uno stato di deficit, dove i consumi mondiali di greggio superano di quasi 600.000 barili ogni giorno l’offerta. Le scorte sono in caduta libera: in base al prezzo di 80 dollari al barile, come proponeva l’Arabia Saudita, per via dell’entrata in Borsa della Saudi Aramco, la compagnia petrolifera nazionale, i Paesi dell’Ocse nel mese di marzo sono andate ben al di sotto della media dell’ultimo quinquennio.
Speculazione: se nel lungo periodo sia gli istituti bancari che i principali fondi di investimento hanno dimostrato di non credere molto all’operato dell’Opec, soprattutto per via della crescita notevole della produzione di shale oil negli USA, oggi si sono dovuti ricredere, visto che la domanda di petrolio supera l’offerta. Tutte le scorte immagazzinate negli anni si stanno esaurendo a ritmi sostenuti. Previsioni? Per Bank of America-Merrill Linch, nel 2019 il petrolio avrà un prezzo che definire stellare è dir poco: 100 dollari al barile. Gli hedge funds, pertanto, agiranno di conseguenza.
Venezuela verso il collasso economico: se fino a qualche anno addietro, il Venezuela era leader nel mercato petrolifero con una fornitura di greggio davvero impressionante, oggi non è più così. Di recente, a causa della crisi che sta portando la nazione al tracollo finanziario, si è registrato un decremento della produzione pari al 40% in due anni. Il che vuol dire, meno 1,4 milioni di barili ogni giorno. Record negativo da più di 30 anni. La capacità di esportazione della Pdvsa, la compagnia petrolifera venezuelana è ridotta oggi più che mai ai minimi termini, vista l’azione dei creditori che hanno cominciato con i pignoramenti degli impianti.
Sanzioni all’Iran: nel 2016, il prezzo del petrolio era sceso sotto i 30 dollari. Poi c’è stato un lento ma costante rialzo dopo mesi, culminato con l’introduzione delle sanzioni alla nazione messe in pratica dagli USA. Se nel triennio che va dal 2012 al 2015, l’Iran perdeva più di 1 milione di barili di greggio ogni giorno, oggi le quotazioni tenderanno ad essere alte, indipendentemente dal reale decremento dell’offerta, prevalentemente per via delle note tensioni di natura geo-politica nell’intero Medio Oriente.